CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

15 marzo 1994

Lettera circolare Credo doveroso ai Reverendissimi Presidenti delle Conferenze Episcopali sul servizio liturgico dei laici, Prot. 2482/93, 15 marzo 1994: Notitiae, 30 (1994), 333-335. - La lettera è stata inviata alle Conferenze Episcopali nelle principali lingue. Si veda il testo del Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi in EV 13/1867 e lo studio Servizio delle donne all'altare in Notitiae, 30(1994), 351-355.

 

Eminenza / Eccellenza Reverendissima,

CREDO DOVEROSO comunicare all’E.za Vostra Reverendissima che prossimamente sarà pubblicata in Acta Apostolicae Sedis una interpretazione autentica del con. 230 § 2 del Codice di diritto canonico.

Come è noto, con detto can. 230 § 2 si stabiliva che: "Laici ex temporanea deputatione in actionibus liturgicis munus lectoris implere possunt; item omnes laici muneribus commentatoris, cantoris aliisve ad normam iuris fungi possunt" ("I laici possono assolvere per incarico temporaneo la funzione di lettore nelle azioni liturgiche; cosi pure tutti i laici godono della facoltà di esercitare le funzioni di commentatore, cantore o altre ancora a norma del diritto".)

Ultimamente era stato chiesto al Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi se le funzioni liturgiche che, a norma del suddetto Canone, possono essere affidate ai laici, possano essere svolte egualmente da uomini e donne e se fra tali funzioni possa anche essere annoverata quella di servire all'altare, al pari delle altre funzioni indicate dallo stesso canone.

Nella riunione del 30 giugno 1992 i padri del Pontificio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, esaminarono il seguente dubbio a loro posto: "Utrum inter munera liturgica quibus laici, sive viri sive mulieres, iuxta CIC can. 230 § 2, fungi possunt, adnumerari etiam possit servitium ad altare" ("Tra le funzioni liturgiche che i laici, uomini o donne, possono esercitare, secondo il Canone 230 § 2 del CIC si può includere anche il servizio all'altare?").

La risposta fu la seguente: "Affirmative et iuxta instructiones a Sede Apostolica dandas" ("Si, e secondo le istruzioni che la sede apostolica darà".)

Successivamente il sommo pontefice Giovanni Paolo II, nell'udienza concessa in data 11 luglio 1992 all'ecc.mo mons. Vincenzo Fagiolo, arcivescovo emerito di Chieti-Vasto e presidente del predetto Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, confermò tale decisione e ordinò che essa fosse promulgata.

Nel comunicare quanto precede a codesta Conferenza Episcopale, sento il dovere di precisare alcuni aspetti del can. 230 § 2 e della sua interpretazione autentica:

1) II can. 230 § 2 ha carattere permissivo e non precettivo: "Laici... possunt". Pertanto il permesso dato a tale proposito da alcuni vescovi, non può minimamente essere invocato come obbligatorio per gli altri vescovi. Spetta, infatti, a ogni vescovo nella sua diocesi, sentito il parere della conferenza episcopale, di dare un giudizio prudenziale sul da farsi, per un ordinato sviluppo della vita liturgica nella propria diocesi.

2) La Santa Sede rispetta la decisione che, per determinate ragioni locali, alcuni vescovi hanno adottato, in base a quanto previsto dal can. 230 § 2, ma allo stesso tempo, la medesima Santa Sede ricorda che sarà sempre molto opportuno di seguire la nobile tradizione del servizio all'altare da parte dei ragazzi. Come è noto ciò ha permesso uno sviluppo consolante delle vocazioni sacerdotali. Vi sarà, quindi, sempre l'obbligo di continuare a sostenere tali gruppi di chierichetti.

3) Se in qualche diocesi, in base al can. 230 § 2, il vescovo permetterà che, per ragioni particolari, il servizio all'altare sia svolto anche da donne, ciò dovrà essere ben spiegato ai fedeli, alla luce della norma citata, e facendo presente che essa trova già un'ampia applicazione nel fatto che le donne svolgono molte volte il servizio di lettore nella liturgia e possono essere chiamate a distribuire la santa comunione, come ministri straordinari dell'eucaristia e svolgere altre funzioni, come previsto dal medesimo can. 230 al § 3.

4) Dev'essere poi chiaro che i predetti servizi liturgici dei laici sono compiuti "ex temporanea deputatione" a giudizio del vescovo, senza alcun diritto a svolgerli da parte dei laici, uomini o donne che siano.

Nel comunicare quanto precede, questa Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha voluto adempiere il mandato ricevuto dal sommo pontefice di dare alcune istruzioni per illustrare quanto dispone il can. 230 § 2 del C1C e l'interpretazione autentica di tale canone, che prossimamente sarà pubblicata.

In tale modo, i vescovi potranno meglio compiere la loro missione di essere, nella propria diocesi, moderatori e promotori della vita liturgica, nel quadro delle norme vigenti nella chiesa universale.

In profonda comunione con tutti i membri di codesta conferenza, mi è grato di professarmi dell'e.za vostra reverendissima, Dev.mo nel Signore

Antonio M. Card. JAVIERRE ORTAS, prefetto

Geraldo M. AGNELO, segretario

Roma, 15 marzo 1994

 

 

CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

27 Luglio 2001

Della Congregazione PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, lett. Further to recent ad un vescovo circa i ministranti da ammettersi al servizio dell'altare, Prot. N. 2451/00/L, 27 luglio 2001: Notitiae, 37(2001) 397-399 (inglese). 38(2002) 46-48 (italiano).

[Di recente, un vescovo ha chiesto alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti se un Vescovo diocesano possa obbligare i suoi Sacerdoti ad ammettere donne o fanciulle nel servizio dell'altare. Questo dicastero ha ritenuto opportuno inviare al vescovo in questione la presente lettera e, considerata la sua importanza, ha deciso di pubblicarla qui di seguito in una traduzione italiana].

 

Eccellenza,

Con riferimento alla nostra recente corrispondenza, questa Congregazione ha deciso di procedere ad un rinnovato studio delle questioni concernenti l'eventuale ammissione di fanciulle, donne adulte e religiose, accanto ai fanciulli, come ministranti nella liturgia.

Nell'ambito del presente esame, questo dicastero, ha consultato il Pontificio Consiglio per i testi legislativi che ha risposto con una lettera in data 23 luglio 2001.

La risposta del pontificio consiglio è stata di aiuto, perché ha riaffermato che le domande sollevate da questa congregazione - inclusa quella se una legislazione particolare possa obbligare i singoli sacerdoti, quando celebrano la Santa Messa, a ricorrere al servizio delle donne all'altare - non riguardano l'interpretazione della legge, ma, piuttosto, concernono la corretta applicazione della medesima normativa. La risposta del succitato pontificio consiglio, pertanto, conferma l'interpretazione di questo dicastero, secondo la quale la questione rientra nell'ambito delle proprie competenze, delineate dalla Costituzione apostolica Pastor bonus, § 62.

Alla luce di tale autorevole risposta, questo dicastero, avendo risolto alcune questioni rimaste ancora insolute, ha potuto concludere il proprio studio e, ora, desidera fare le seguenti osservazioni.

Come risulta chiaramente dalla Responsio ad propositum dubium circa il can. 230 § 2 del Codice di diritto canonico, data dal Pontifìcio Consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi e dalle direttive di questa congregazione, volute dal santo padre per provvedere all'ordinata attuazione del disposto del can. 230 § 2 e della sua interpretazione autentica (cf. Lettera circolare ai presidenti delle Conferenze episcopali, Prot. n. 2482/93, del 15 marzo 1994, in Notitiae 30[1994] 333-335), il vescovo diocesano, in quanto moderatore della vita liturgica della diocesi affidata alla sua cura pastorale, ha l'autorità di consentire il servizio delle donne all'altare, nell'ambito del territorio affidato alla sua guida.

Tale libertà, inoltre, non può essere condizionata da richieste favorevoli ad una certa uniformità fra la sua Diocesi e le altre, in quanto ciò determinerebbe, logicamente, l'eliminazione della necessaria libertà di azione del singolo Vescovo diocesano. Piuttosto, dopo aver ascoltato il parere della conferenza episcopale, il vescovo deve basare il suo prudente giudizio su ciò che ritiene accordarsi maggiormente con le necessità pastorali locali, al fine di conseguire un ordinato sviluppo della vita liturgica nella diocesi affidata al suo governo pastorale.

Nel fare ciò, il Vescovo terrà in considerazione, fra l'altro, la sensibilità dei fedeli, le ragioni che motiverebbero un tale permesso, i differenti contesti liturgici e le assemblee che si riuniscono per la santa messa (cf. Lettera circolare ai presidenti delle conferenze episcopali, 15 marzo 1994, n. 1).

In ossequio alle citate istruzioni della Santa Sede, in nessun caso tale autorizzazione può escludere gli uomini, o, in particolare, i fanciulli, dal servizio all'altare, e nemmeno può obbligare che i sacerdoti della diocesi ricorrano a ministranti di sesso femminile, in quanto «sarà sempre molto appropriato seguire la nobile tradizione di avere dei fanciulli che servono all'altare» (Lettera circolare ai presidenti delle conferenze episcopali, 15 marzo 1994, n. 2). Naturalmente, rimane sempre l'obbligo di promuovere gruppi di fanciulli ministranti, non da ultimo, per il ben noto aiuto che, da tempo immemorabile, tali iniziative hanno assicurato nell'incoraggiamento di future vocazioni sacerdotali (cf. ibid.).

Per quanto concerne l'eventuale vantaggio pastorale offerto alla situazione locale dalla presenza di donne ministranti all'altare, sembra utile ricordare che i fedeli non ordinati non hanno alcun diritto di svolgere tale servizio. Piuttosto, è dai Sacri Pastori che essi possono esservi ammessi (cf. Lettera circolare ai presidenti delle conferenze episcopali, 15 marzo 1994, n. 4; cf. anche can. 228 § 1; Istruzione interdicasteriale 14, Ecclesiae de mysterio, 15 agosto 1997, n. 4. in Notitiae 34[1998] 9-42). Pertanto, qualora Vostra Eccellenza ritenesse opportuno autorizzare il servizio di donne all'altare, rimarrebbe importante spiegare chiaramente ai fedeli la natura di tale innovazione, affinchè non si abbia alcuna confusione e con ciò si danneggi lo sviluppo di vocazioni al sacerdozio.

Avendo cosi confermato e ulteriormente chiarito i contenuti della sua precedente risposta a vostra eccellenza, questo dicastero - che considera normativa la presente lettera - desidera assicurarla della sua gratitudine per avere avuto l'occasione di approfondire ulteriormente la presente questione.

Con ogni migliore augurio e distinto ossequio, mi confermo,

sinceramente suo in Cristo,

 

Jorge A. card. Medina Estévez, prefetto

mons. Mario Marini, sotto-segretario

 

CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI

Istruzione Redemptionis sacramentum

25 marzo 2004

[47.] È veramente ammirevole che persista la nota consuetudine che siano presenti dei fanciulli o dei giovani, chiamati di solito «ministranti», che prestino servizio all’altare alla maniera dell’accolito, e abbiano ricevuto, secondo le loro capacità, una opportuna catechesi riguardo al loro compito. Non si deve dimenticare che dal novero di questi fanciulli è scaturito nel corso dei secoli un cospicuo numero di ministri sacri. Si istituiscano o promuovano per essi delle associazioni, anche con la partecipazione e l’aiuto dei genitori, con le quali si provveda più efficacemente alla cura pastorale dei ministranti. Quando tali associazioni assumono carattere internazionale, spetta alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti erigerle o esaminare e approvare i loro statuti. A tale servizio dell’altare si possono ammettere fanciulle o donne a giudizio del Vescovo diocesano e nel rispetto delle norme stabilite.[122]

[122] Cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad propositum dubium, 11 luglio 1992: AAS 86 (1994) pp. 541-542; Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lett. ai Presidenti delle Conf. dei Vescovi sul servizio liturgico dei laici, 15 marzo 1994: Notitiae 30 (1994) 333-335, 347-348; Lett. A qualche Vescovo, 27 luglio 2001: Notitiae 38 (2002) 46-54.