Esercizi Spirituali del 27/03/2012 - Meditazione Quaresima 2012
Eb 10,24 - Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone
Letteralmente bisognerebbe tradurre tale versetto in questo modo: “facciamo attenzione (gr. Katanoéw) gli uni agli altri con incitamento (gr. Paroxusmòs) dell’amore (gr. Agapaw) e delle buone opere”.
La lettera agli Ebrei dunque ci sta “massaggiando” di prenderci cura gli uni degli altri, stimolandoci ad amare. La parola di Dio questa sera allora ci inviata a non chiuderci a riccio dinanzi ai nostri fratelli e sorelle, a non scoraggiarci di fronte alla chiusura degli altri, a non aver paura di comunicare l’amore che portiamo nel cuore, ma soprattutto ci invita ad essere un corpo solo che nutrito dalla Parola e dall’Eucaristia, cioè nutrito dall’amore stesso di Gesù, si organizza solidalmente ad amare.
A questo proposito vorrei articolare la mia riflessione su alcuni punti che potrebbero ruotare attorno a questo titolo:
- LE SCUSE DI MOSE' -
Ripercorriamo brevemente la storia di questo grande uomo e vediamo come reagì di fronte alla chiamata di Dio.
Dopo aver assassinato un egiziano che maltrattava un ebreo, “Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e si sedette presso un pozzo” (Es. 2,15).
La nudità del deserto permette di centrarsi sull’essenziale; la sua aridità aiuta gli occhi a penetrare nell’invisibile: l’intimità, l’irripetibilità dell’essere, la transitorietà della vita, la trascendenza della storia. Mosè si siede al pozzo, è sfinito, non vuole camminare più. A Madian Mosè non risolve il problema della sua identità: egli continua ad essere un disadattato, un forestiero, tra gli Egiziani come tra i Madianiti. Da uomo di autorità è divenuto un anonimo. Madian però diventa crogiuolo e lo stampo dove comincia a formarsi un nuovo Mosè: all’inizio distaccato da ogni sicurezza umana, persino balbuziente, chiuso nel mimetismo del camaleonte, ma alla fine uomo in profondissimo ascolto, più libero, attento alla vera risorsa dell’uomo che può provenire solo dal cielo.
È solo adesso che incontra il roveto che brucia ma non si consuma. Mosè si accinge ad attraversare la frontiera del mistero: il fuggiasco di Madian si sente chiamato e stupito si ferma. Ma ecco ritornare alla memoria il passato, rispuntare la sua paura.
- La prima scusa è: “chi sono io pera andare dal faraone?”
Ma Dio risponde: “Io sono con te!” (Es. 3,12)
- La seconda scusa è: “il dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno come si chiama?” (Es. 3,13)
Dio risponde all’uomo: “Io sono Colui che sono!” (Es. 3,14)
- La terza scusa è: “non mi crederanno!” (Es. 4,1)
Dio risponde valorizzando tutto ciò che sappiamo fare. Il Signore gli disse: “che hai in mano?” Rispose:” un bastone!” (Es. 4,2)
- La quarta scusa è: “Mio Signore io non sono un buon parlatore… Ma sono impacciato di bocca e di lingua!” (Es. 4,10)
Ma viene sorpreso da Dio: “Aronne, tuo fratello, sarà il tuo profeta… Aronne, tuo fratello, parlerà al faraone.” (Es. 7,1)
- La quinta scusa è: “Perdonami Signore mio, manda chi vuole andare!” (Es. 4,13)
Ma il Signore disse a Mosè in Madian: “Va, torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!” (Es. 3,19).
Alcune domande per la riflessione:
1) Che cosa ti impedisce di aprire gli occhi sul bisogno del tuo fratello e della tua sorella?
2) Che cosa ti impedisce di collaborare con altri alla missione che il Signore, attraverso la mediazione del tuo parroco, ti ha affidato?
Roma, 27 marzo 2012
Padre Massimiliano